Published on: 1 Luglio 2025
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CHIARA LEONE – 1 luglio > 31 luglio 2025

IL CORPO INATTESO – progetto fotografico di CHIARA LEONE

1 luglio >>>> 31 luglio 2025 – hotel Annunziata

Esposizione virtuale di fotografie sui digital wall nella hall e nella library room dell’Hotel Annunziata all’interno del progetto FRAMEFLOW
Le fotografie saranno visibili all’inizio di ogni ora dalle 7:00 alle 23:00, con sequenze di immagini della durata di 10-15 minuti

Osservare le Fotografie di Chiara Leone equivale all’ingresso in un Mondo assolutamente straordinario. Un Mondo nel quale l’idea di femminilità si manifesta attraverso un’interpretazione che cerca di superare il puro estetismo corporeo, tentando di elaborare ed esprimere un concetto, un universo multiplo e stratificato di impressioni, pensieri e sentimenti che volano oltre il territorio della fisicità materica. “Leggendo” con molta attenzione queste Fotografie non si può fare a meno di notare e percepire un senso di “morbida delicatezza” che pervade ogni singolo scatto. Una delicatezza, nel guardare e nell’indagare la figura femminile, che si salda allo stesso tempo col rivelarsi di un certo atteggiamento di profondissimo rispetto ed empatia verso la singola protagonista ritratta e verso tutta la realtà del Mondo femminile in generale.
Caratterizzate da una sfuggevolezza deliziosa, le fotografie narrano una Donna animata da un’ambivalenza o conflitto tra il mostrarsi e il non farlo. Forse timida oppure riservata sicuramente decisa a voler affermare con forza la propria presenza come unica necessità impellente.
L’esistere, l’essenza del sé, sono la discriminante, il punto o punctum decisivo; il quid quindi e non le sue modalità di rappresentazione sulle quali ancora si insiste a discapito di tutto, in modo assolutamente spropositato.
La Donna raccontata da Chiara non sembra così essere alla ricerca di approvazione o complimenti facili, immediati ma possiede una speciale carica per imbastire un discorso di piu’ ampio respiro e valore. Il corpo viene di frequente coperto, nascosto nelle sue parti da elementi ambientali che in alcuni casi sembrano fondersi con esso. L’uso di colori specifici poi ricorre di frequente perché esplicita volontà da parte della fotografa nel caratterizzare la figura femminile alludendo a certi significati. La presenza del rosso, colore dell’amore e della passione, collegato essenzialmente ad una dimensione fisica e terrena. Il blu del cielo emblema di una dimensione spirituale. Ed infine il verde-Natura. Madre Terra, Dea Madre, divinità femminile primordiale creatrice che ci sostiene nella nostra esistenza.
Chiara “canta” così la Donna nella sua globalità, carne e spirito, inserita nel Mondo, senza tralasciare o privilegiare una sua parte e caratteristica sulle altre.
L’essere femminile viene così presentato in modo diverso, con maggior rispetto e completezza, abbandonando quelle caratteristiche estetiche culturali dominanti e di retaggio arcaico. Non v’è piu’ presente quindi una certa necessità di ostentazione di una bellezza a senso unico, in difetto, che rincorre certi canoni limitanti e
predeterminati. Nel racconto di Chiara non vi si trovano pose ammiccanti o esplicitamente seduttive. Anzi l’esatto contrario. E’ una donna che sembra ripararsi, nascondersi, perché forse ben consapevole del persistere di un modo di guardare da parte dell’osservatore ancora superficiale e limitato. E quindi assolutamente da superare.
Occorre perciò, assoluta sensibilità per entrare nel Mondo di Chiara e per comprenderlo. C’è bisogno di occhi rinnovati, di uno sguardo di altro livello e consapevolezza. Sono fotografie, le sue, che educano ad una nuova bellezza, rispettosa e totalizzante. E’ un manifesto per un nuovo vedere; è una rivoluzione intima e personale, da mettere urgentemente in moto.
Vanni Pandolfi

BIOGRAFIA

Nasco a Basilea in Svizzera nel 1981, figlia della diaspora dei miei genitori. Torno in Calabria ancora piccolissima, e lì cresco e mi formo. L’arrivo a Roma nel 2011 è stato un momento fondamentale, quasi uno spartiacque nella mia vita, perché è lì che scopro la fotografia come linguaggio; in particolare l’uso di quella analogica, che mi ha insegnato la pazienza e a fare scelte consapevoli. Ma è la mia terra a diventare il minimo comune denominatore dei colori della mia ricerca fotografica. Quando cerco l’azzurro, inseguo quello “elementare” e terso dello Ionio. Quando cerco il rosso, faccio mio l’approccio alla vita che la Calabria mi ha insegnato. E quando cerco il verde, è quello dei suoi uliveti.
Il corpo, nella mia ricerca, diventa ponte, direzione, mezzo e strumento sperimentale nella prima fase percettiva delle emozioni.
Il corpo, come logos, è ambiente, paesaggio e realtà circostante, che ci conduce all’anima, oggettivando la nostra presenza nel mondo.
Il colore, quindi, diventa uno strumento indispensabile per dire ‘Ci sono! Sono qui e r-esisto”. Così, l’uso della pellicola e l’economia che ne deriva portano alla consapevolezza della finitezza del mondo, del limite e della necessità di orientare il pensiero e lo sguardo, tra alternative possibili. Oggi uso indistintamente pellicola e digitale allo stesso modo, ma senza la disciplina dell’analogico, mi sarei forse persa la capacità di vedere, vivere e scegliere il momento. È lì che si gioca sempre la vita.